PLEXIGLASS E SFIGA NERA
01.08.2006
Quando siamo arrivati all'albergo di Hiroshima ho pensato "Assurdo, un albergo del genere in Italia ti chiederebbe almeno 120euro a notte", qua ne paghiamo 40 a testa, lo sbalzo di temperatura dall'esterno e' di circa 30 gradi, ma qua e' un classico e comincio a farci l'abitudine, ormai la sensazione di secchiata di ghiaccio addosso e' diventata una costante, stai fuori a 38 gradi con il 70% di umidita', ti porti addosso 35Kg di zaini, rigorosamente fatti di materiale sintetico che si potrebbe volgarmente definire "plastica di merda", il tuo corpo reagisce "come natura insegna" cioe' producendo quantita' industriali di sudore, va tutto secondo i piani quando improvvisamente ti ritrovi nella grotta di ghiaccio di Fight Club dove il pinguino/Marla ti sorride dicendo "Irashaimase" (trad:"benvenuto") in sincrono con la nuvoletta di vapore che gli esce dalla bocca..e in quei casi cerchi di capire se la reazione che sta avendo il tuo corpo e' la cosiddetta "sincope".
Non lo so, ma se mai lo scopriro', sara' al suono di un "irashaimase".

Saliamo in stanza, stanza...in realta', non essendo un architetto o un geometra, non so' bene quale sia la distinzione tecnica tra "stanza", "loculo" e "buco", "stanza" mi sembra una parola troppo lunga per poter entrare in questo spazio, mentre per il "loculo" credo che si debba essere morti...vada per "buco".
Il buco nel quale alloggiamo consta di letto ad una piazza e mezzo erroneamente dato per "matrimoniale", a meno che non si intendesse matrimoniale in scala 1/10, con piccola passeggiata su un lato del letto di circa 40cm, piccola porta con classico bagno in plexiglass.
Ho gia' parlato del bagno in plexiglass tipico degli alberghi giapponesi, da un unico pezzo di plastica ti creano tutto: lavandino, vasca, water e accessori, nonostante cio' si rivela essere sempre il posto piu' vivibile di tutti, complice il water tecnologico giapponese.

Sono sfinito, Yukiko si siede sul letto e io non faccio in tempo ad appoggiare tutti gli zaini che sono li' a mezz'aria sospeso in caduta libera sopra al letto...ignaro del fatto che sarebbe stata l'ultima "mezz'aria" della mia vita in Giappone.
A volte succede quando si va in macchina e guida un altro, che si pensi di andare a sinistra e si vada a destra, la nostra testa prepara il corpo all'inerzia della forza centrifuga del "si va a sinistra" quando tutto ad un tratto "si va a destra"...e' un attimo che viene comunemente chiamato "svarione", anche se non so se "svarione" sia tipico romagnolo o universalmente riconosciuto.
Questa volta succede che il mio corpo, stremato dal viaggio con le valigie, stremato dai 38 gradi, stremato dal 70% di umidita', si prepari al morbido relax di un materasso matrimoniale in scala 1/10 e me lo vedo li', in quell'attimo espanso all'infinito, preambolo dell'estasi assoluta quando, tutto ad un tratto, "si va a destra"!
Nell'impatto sento le ultime due vertebre comprimersi rasentando il cedimento strutturale, trasmettendo al corpo una vibrazione tale da trasformarmi in DIAPASON MAN, paladino dei coglioni, sempre pronto a sacrificare il suo culo nella lotta contro i letti matrimoniali in scala 1/10 di PLEXIGLASS.
Il letto e' un parallelepipedo ricavato da un unico blocco di plexiglass, esattamente come il gabinetto, solo che questo e' "camuffato" da letto normale.

L'unica cosa che ricordo e' lo sguardo di Yukiko mentre mi guarda nel post-impatto e che, in un'emoticon, suona esattamente cosi' :-o oppure cosi' /(> o <)\

Un'ora di oblio e usciamo, in programma ci sono una visita al tempio di ITSUKUSHIMA e una visita da me imposta al MUSEO DELLA YAMATO per il giorno successivo, prima di partire verso HAKATA, dove dormiremo in un tipico albergo giapponese.

ITSUKUSHIMA e' facilmente raggiungibile con 450yen e 25 minuti di treno circa.
Le peculiarita' del posto sono 2, una e' un TORII (porta rossa tipica dei templi) costruito in mezzo all'acqua, dietro al quale si erge il tempio, direi il classico tempio nipponico, l'altra e' il HIROSHIMA YAKI, un cibo locale.
Un'altra caratteristica sono dei cerbiatti sparsi ovunque, un po' alla Nara, ma questi sembrano proprio dei Bambi, con le loro belle macchiette bianche sulla schiena.
Per terra invece e' pieno di macchiette nere, sono tante piccole infinite palline di merda di bambi.
Dopo 15 minuti capisco che i giappo sono dei geni, i bambi sono dei piccoli "ecoconvertitori", infatti alcuni stanno brucando pezzi di cartone, altri li vedo andare in giro ruminando delle corde e altri si accaniscono su buste di plastica, tutto al prezzo di un tappeto piccole palline di merda...nonostante il mio rispetto per l'ambiente, qui mi trovo in discreta difficolta', ora non so veramente se, potendo scegliere, preferirei calpestare costantemente cacca o vedere ogni tanto un pezzo di plastica o di carta.

Comunque sia, la gita procede senza intoppi finche' Yukiko decide di tentare la sorte con l' OMIKUGI.
L'omikugi e' un barattolo di legno al cui interno ci sono tot bacchetti numerati, cominci a scuotere l'omikugi freneticamente come in preda a spasmi isterici e magicamente, da un forellino, esce un bacchetto, leggi il numero e da una cassettiera estrai il relativo foglietto sul quale e' scritto il tuo destino.
La sorte regala a Yukiko un bell' 11, a detta sua il migliore di tutti i possibili 40 destini archiviati, una vocina mi dice di lasciar perdere, di non scuotere quel barattolo, ma come al solito non l'ascolto e il risultato e' 34.
34 e' il piu' sfigato di tutti i 40 destini, e' il mio, il piu' sfigato, Yukiko lo legge e l'unica cosa che mi traduce e' "e' il piu' peggiore di tutti..." ma chissene frega, al ritorno saremo sullo stesso aereo.

Il caldo e' torrido e in programma c'e' una scalata su' fino alla filovia, dalla quale poi si potra' accedere al panorama dei panorami su tutta Hiroshima.
Non arriviamo mai, se "mai" ha mai avuto un significato appropriato, questa volta e' al suo apice.
Li' scopro che i giapponesi hanno inventato di tutto, sono riusciti a inventare qualcosa di piu' faticoso di una scalinata o di una salita ed e' esattamente "una scalinata ed una salita messi insieme".
Questo prodigio e' sicuramente frutto di anni di evoluzione architettonica, e' tutt'ora un mistero nelle sue proporzioni, la pedata e' in salita e la sua lunghezza, che prevede piu' di 3 passi per percorrerla tutta e' variabile, nella sua variabilita' l'unica costante a rimanere e' il fatto che l'ultimo passo che fai non riesce mai a sincronizzarsi con la pedata successiva e dovrai necessariamente interrompere la camminata per salire sulla successiva.
L'alzata e' anche peggio, sei preparato allo standard dell'alzata e ti ritrovi a subire un nanosecondo di sensazione di precipizio perche' e' ovviamente una mezza alzata.

Ad un certo punto penso di essermi perso nel limbo della morte, non si vede nessuno, il bosco che ci circonda attraverso il quale serpeggia il sentiero cementato che percorriamo non serve ad altro che ad incrementare l'umidita' assoluta, boccheggio e sento la necessita' di un paio di branchie dietro le orecchie.
La lama della piu' affilata katana mi scorre lungo la schiena quando capisco che nemmeno i bambi vengono a cagare quassu'...un motivo ci sara'.

Finalmente, dopo circa un'ora di maratona della morte, vediamo la stazione della FILOVIA.
Entriamo per scoprire che il prezzo per la traversata e' oscenamente elevato, in compenso c'e' un grappolo di distributori automatici di bevande, ma dove non ce ne sono? un altro po' e ce ne sara' uno al posto del punto rosso sulla bandiera.

Giusto il tempo per sudare quello che abbiamo appena bevuto che ci incamminiamo verso il traghetto.
Fortunatamente Escher non ha visitato il Giappone e quella che prima era una salita e' ora una discesa.
Un paio di dietrofront causa errori di GPS e siamo di nuovo al molo.
Sulla barca si ripete lo spietato rito del congelamento istantaneo, qua la criodinamica la fa da padrona e quella che prima era acqua sul tuo corpo, ora e' nuvoletta di polvere di ghiaccio che ti circonda per qualche istante prima di ricomparire istantaneamente sul tuo corpo in forma liquida quando esci dalla cabina passeggeri, inutile chiedersi se fosse meglio restare sempre sul ponte per evitare lo sbalzo termico, siamo esseri umani e in quanto tali scegliamo sempre di fare la cazzata al posto della cosa sensata, sempre.

Scendiamo, direzione MUSEO YAMATO.
Mentre andiamo verso il museo penso al paradosso della "piazza della pace" che celebra e auspica la pace nel mondo con miriadi di gru piegate a mano e il museo che sto per andare a visitare, che celebra una delle piu' grandi, se non la piu' grande, nave da guerra mai costruita dall'uomo.
Mi viene anche in mente una didascalia scritta in inglese all'interno del museo della bomba che diceva qualcosa specificando "quando il Giappone era ancora in vantaggio"...e qualcosa mi stona nella testa.
I giapponesi sono sicuramente dei tipi "marziali", basti pensare ai duelli con la katana, all'harakiri, a tutta una serie di usanze tipiche loro che li vede vincitori o suicidi, la sconfitta non e' contemplata...e qui mi servirebbe il supporto di Marcosan per fare un po' luce sulla faccenda, da marziali quali sono e anche piuttosto destroidi, governativamente parlando, capisco che in realta', loro, non aborrono la guerra, aborrono l'atomica e basta perche' se la sono presa "in questo posto" che sto visitando.
Tra l'altro, in guerra, i giapponesi erano i piu' spietati di tutti, non avevano il minimo rispetto/pieta' per i prigionieri, soprattutto per quelli che si erano arresi spontaneamente, ovvio, la loro cultura gli impone di prevalere o perire, la resa non e' assolutamente considerata e, per loro, chi si arrende e' quella che noi piu' o meno volgarmente definiremmo "una merda" e in quanto tale meritava il peggio.
Beh, comunque sia, ora sono qua che sto fremendo pagando 500yen per osservare da vicino il vanto dell'industria bellica navale giapponese: La corazzata Yamato.
Per me la Yamato significa soprattutto una cosa: Star Blazers.
Star Blazers era il titolo dato al cartone animato "Yamato" e che andava in onda quando avevo all'incirca 10 anni, anno piu' anno meno e purtroppo una vita fa'.
La storia trattava di un gruppo di valorosi uomini che si imbarcavano in quello che era un relitto riesumato, il relitto della Yamato, per l'occasione fatto diventare "nave spaziale" con tanto di cannone ad onde moventi sul davanti, che trasformava la nave in un gigantesco pistolone, ma attenzione, una volta sparato il colpo a onde moventi, la nave rimaneva senza energia e difese per un po' di tempo, visto che anche il motore andava ad onde moventi.
Obiettivo della Yamato era andare su di un altro pianeta dove, una tipa della quale non ricordo il nome, offriva agli umani ormai confinati nel sottosuolo, un depuratore di atmosfera terrestre per fare in modo che tutti gli umani potessero tornare a vivere un superficie.
Tempo massimo per la missione 365 giorni, distanza da percorrere: TROPPA, andata e ritorno.
Ovviamente non ho mai visto la puntata finale, come da tradizione, ma sono sicuro che il capitano Avatar (che sembrava tipo babbo natale travestito da braccio di ferro) ce l'abbia fatta, vecchia volpe bianca dello spazio: AARRRRRRHH!!

Comunque sia appena entro mi si para innanzi un 50 metri di "modellino" in scala 1/POCO della Yamato.
L'armonia del design toglie al mio corpo la necessita' di alimentarsi di ossigeno per qualche minuto.
Era una nave da guerra, serviva per ammazzare le persone, ma era stupenda.
La simmetria e' rispettata in tutti i punti, la torretta centrale e' esattamente come quella del cartone animato, e forse questa mia ammirazione non e' altro che un imprinting catodico dell'infanzia..sia quel che sia, scatto foto a ripetizione e la osservo con un'attenzione maniacale, infatti Yukiko mi apostrofa con un allarmato "maniaco...maniaco..." (traduzione di OTAKU).
Noto lo stesso mio sguardo in chiunque vi si avvicini, una nave piu' bella non poteva essere progettata, non c'e' NIENTE che non sia dove non dovrebbe essere, decine di torrette piu' piccole spiccano sul ponte centrale, un tripudio di belligeranza.
Ma quello che piu' affascina e' l'armonia delle linee e dei volumi, armonia capace di catturare l'ammirazione anche di chi non e' appassionato di navi, soprattutto se da guerra.

La Yamato e' stata praticamente l'ultima nave del genere ad essere costruita, cosi' grande e' stata un fin troppo facile bersaglio di bombardamenti aerei e silurate una volta individuata.
Quel che rimane della Yamato e' un concetto, il resto e' in fondo al mare.

Il modello gigante della Yamato e' al centro del museo, come contorno c'e' la storia dell'industria navale nipponica di Hiroshima con modelli in scale decisamente minori, il tipo di modelli "5 spolverate", cioe' modellini che mia madre annienterebbe in 5 spolverate.
In una stanza laterale un fantastico esemplare di MITSUBISHI ZERO con relativo motore in esposizione, siluri vari e al piano superiore la sorpresa delle sorprese: YAMATO - STAR BLAZERS.
Qualche tavola retroilluminata del manga di Leiji Matsumoto dal quale e' stato tratto l'anime, appunto.
Un piccolo schermo proietta uno sparuto gruppo di nipponici nello spazio, qualche tuta spaziale simil-nasa (delle quali non capisco il nesso) e ci dirigiamo verso l'uscita, dove ci aspetta un negozietto pieno di amenita', souvenir, magliette, modellini e dolci vari customizzati Yamato.
E' qui che scopro da un "SINCE 2005" che questo museo vede visitatori da appena un anno.
Compro una maglietta con il motore del mitsubishi zero, un paio di amenita' da pochi yen e poso lo sguardo al di la' della vetrata sull'esterno...e penso alla terra arsa dalle guerre e dal sole, ridotta ad un cumulo di sassi esattamente come marte, quella terra cosi' com'era descritta in Star Blazers, che costringeva gli uomini a vivere nel sottosuolo...

Forza cavallieri dello spazio, prepararsi al balzo iperspaziale di +25 gradi centigradi.

Sulla via del ritorno verso l'albergo per recuperare le borse, ci imbattiamo in un centro commerciale tipico giapponese, quei classici 9 piani di tutto di piu'.
Qui non c'e' niente di particolarmente interessante da segnalare se non il ritrovato refrigerio e una serie di manichini manga-style (che ho fotografato).

Usciamo +25 gradi
entriamo nell'albergo -25 gradi
prendiamo le valigie, usciamo +25 gradi
saliamo sullo shinkansen -30 gradi
Arriviamo ad Hakata +40 gradi
Se Hiroshima era tropicale, Hakata e' l'inferno.

(sono rimasto un tot indietro con il resoconto, anche per colpa di Hiroshima, nei prossimi dovrei avere piu' tempo per recuperare)